Come nasce un violino da collezione

Il violino è certamente uno degli strumenti musicali più antichi rimasto praticamente invariato in oltre 450 anni di storia.

L’evoluzione più recente deriva dall’evoluzione degli strumenti ad arco medioevali come le vielle e le rebecche, che sono strumenti a sole tre corde, per passare alla viola a braccio e alle sue derivazioni, fino ad arrivare alla forma “matura” che troviamo dal 1500. Questa è la data indicativa per collocare la nascita del violino moderno.

Tante le famiglie di liutai che concorsero al rinnovamento stilistico del violino ed alla crescita della fama dei violini italiani nel mondo: precursori della storia liutaria italiana sono i De Micheli di Brescia, seguiti da Gasparo Bertolotti detto “Da Salò”, poi da Giovanni Paolo Maggini, anch’esso bresciano.

La storia del violino in Italia è segnata dalla peste, che decimò la gran parte delle famiglie liutaie bresciane, presero il posto la famiglia Amati e Gurnieri di Cremona, dove qualche anno dopo germogliò il sublime genio di Antonio Stradivari.

I Violini del 1700

Il violino come lo conosciamo oggi, abbiamo detto essere nato intorno alla metà del 1500, nell’area bresciana. Si affina con il passare del tempo ad opera delle famiglie Guarneri e Amati, bottega dalla quale nascerà il genio del grande Antonio Stradivari che porterà la liuteria italiana al massimo splendore.

A quattrocento anni di distanza i violini di Stradivari sono veri e propri tesori, il mercato ricerca e paga milioni e milioni di euro. Questi strumenti, sono conservati gelosamente da grandi musicisti e famosi collezionisti di tutto il mondo.

Antonio Stradivari

È ancora oggi un mistero la nascita di Antonio Stradivari che impegna studiosi di tutto il mondo in svariate ricerche. Presumibilmente nasce a Cremona nel 1644, datazione ricavata dalle etichette di alcuni suoi strumenti, anche se alcun e fonti indicano il 1648/1649.
Il 4 luglio 1667 Antonio sposa Francesca Ferraboschi, una vedova di otto anni più grande di lui e si trasferisce in Contrada Magistra, sempre a Cremona. Il matrimonio, a quanto sembra è combinato, tuttavia l’unione tra Antonio e Francesca è felice. La nascita di ben sei figli allieta la Famiglia Stradivari, ma solo due, Francesco Giacomo e Omobono, si dedicheranno alla liuteria.

Tale numerosa famiglia impegna Antonio che deve far fronte a una situazione economica un po’ difficoltosa. È forse questo il motivo che sprona Stradivari ad intraprendere l’attività di liutaio, mestiere appreso nel laboratorio di Nicolò Amati.

Nel 1680 apre la propria bottega in Piazza San Domenico e qui costruisce la maggior parte dei suoi strumenti supportato dai figli Francesco Giacomo e Omobono.
Poco dopo la morte di Francesca Ferraboschi nel 1698, Antonio si risposa con Antonia Maria Zambelli e la famiglia aumenta per la nascita di altri cinque figli.

Nel 1737 anche la seconda moglie muore lasciando solo l’ormai anziano Maestro che, addolorato, a distanza di pochi mesi si spegne il 18 dicembre 1737. Viene sepolto accanto alla moglie Antonia nella Chiesa di San Domenico a Cremona, ma, alla demolizione della chiesa nel 1868, le spoglie di Stradivari non sono più identificabili.

I violini di Stradivari

La ricchissima produzione di Antonio Stradivari (si stimano oltre 1100 strumenti musicali in tutto: 650 sono ad oggi esistenti, dei quali circa 50 esemplari perfettamente integri) viene classificata in quattro stadi corrispondenti ai periodi di lavorazione.

Gli strumenti del primo periodo (1666 – 1685), detti “amatizzati” percheè assomigliano per stile a  quelli dell’Amati, sono di forma larga, arcuati e hanno la vernice bruno rossastra su fondo giallo.

Nel 1693 circa inizia il secondo periodo dove si trovano strumenti dal modello allungato (lunghetti) che si presentano meno grandi e meno arcuati oltra ad essere più lunghi rispetto ai precedenti. La vernice diventa ambrata sui toni del giallo, del rosso e dell’arancio con fondo giallo.

Con l’inizio del 1700 si apre il terzo periodo detto “d’oro”: qui gli strumenti sono di formato ridotto (forse influenzato dalla scuola bresciana) e la vernice è giallo-oro coperta di rosso chiaro che col tempo diventa un po’ bruno.

Il quarto periodo è quello chiamato della decadenza ed ha inizio dopo il 1730. Gli strumenti sono meno bombati, gli angoli poco sporgenti, il modello è largo e i filetti sono incavati nel legno e più vicini all’orlo. La vernice è rossa o scura su fondo giallo.

Quali sono gli ingredienti che creano la magia di un violino dal suono ineguagliabile? La leggenda racconta che Stradivari utilizzasse solo alberi trentini della Val di Fiemme e che, facendo rotolare i tronchi, ne ascoltasse prima il suono per sceglierne i migliori. Più recenti ricerche assicurano che il suono degli strumenti ad arco sia una questione di curvatura, di legno usato, di spessore, di inclinazione, di colore, ma anche di chimica. Secondo Ferdinado Sacconi (uno tra i massimi liutai del Novecento) la caratteristica dei suoni di tali strumenti è dovuta al composto di silicato di potassio e calcio usato per la preparazione dei legni. A questo riguardo due scienziati del Joseph Nagyvary della Texas A&M University, hanno compiuto un’analisi comparata di uno Stradivari, un Guarneri, una viola inglese e un violino francese. Da qui la conferma: tutto dipende da un fenomeno chimico che combina ossidazione e idrolisi.
Nel violino del maestro cremonese sono stati trovati Sali di rame, ferro e cromo, un cocktail magico che dona allo strumento una dolcezza particolare. Diversa risulta la composizione chimica degli altri strumenti, a riprova del fatto che i maestri italiani del Seicento e del Settecento trattavano il legno in un modo del tutto sconosciuto ai loro colleghi francesi e inglesi.
Possiamo quindi dire che non sia “solo” una questione di legno o magia, forse esiste davvero una “ricetta Stradivari”!

I Violini del 1800

Il Gran Tour, quella fenomenale migrazione di artisti, poeti, scrittori e pittori che da tutta Europa, per non dire dal mondo, invasero la nostra penisola nell’arco di poco più di ottant’anni, segnarono certamente l’ultimo momento di grande splendore delle arti e di tutto quello che oggi definiremmo Made in Italy trascinando con se anche l’antica ed apprezzata arte della liuteria.

Molti esempi di manufatti artistici italiani lasciarono il nostro Bel Paese per andare ad arricchire le collezioni inglesi e francesi per mai più ritornare. Le richieste di oggetti espressione dell’arte italiana calarono con lo sciamare di quell’eccezionale fenomeno che fu il Gran Tour deprimendo a tal punto il mercato da ridurne, per non dire quasi azzerarne, le produzioni.

Fu solo grazie all’opera di quelli che potremmo definire veri e propri rinnovatori come i maestri Raffaele Fiorini a Bologna, Valentino De Zorzi a Firenze e    che riuscirono a traghettare la preziosa arte della liuteria del 1700 che tanti importanti maestri aveva annoverato in quel rinnovato sistema costruttivo che diede al violino grande potenza e nuova voce.

Innovazione assolutamente necessaria per esibirsi nei teatri di nuova costruzione estremamente più grandi .

Raffaele Fiorini

Raffaele Fiorini, figlio di Petronio che come dicono i documenti ecclesiastici è “conduttore delle macine nell’opificio di Piumazzo”, nasce in località California di Bazzano il 15 luglio 1828. Proprio nella sua città natale seguirà l’insegnamento del padre apprendendo il mestiere di mugnaio, anche se in lui è manifesta una gran passione per la musica.
Si sposa giovanissimo con Teresa Obici dalla quale avrà quattro figli che, in quei tempi, erano si una gioia famigliare ma anche un grosso impegno al quale far fronte. Fu. forse per quel motivo che solo raggiunto i quarant’anni e con i consigli e gli appoggi del Prof. Verardi, Raffaele si fece coraggio e decise di trasformare la sua grande passione per la liuteria nel suo definitivo lavoro.

Sono passati i tempi in cui durante il mercato del lunedì a Modena scappava in un palazzo del centro per ascoltare le note di un violoncello.
Era in quegli anni che, nei tempi d’attesa tra una macina e l’altra si cimentava con buon successo nella riparazione di strumenti a pizzico ed a arco per i musicisti locali. Di chi fosse veramente allievo Raffaele nessun biografo ne fa menzione.

Quelli sono gli anni nei quali, come si diceva allora, i giovani dotati di talento manuale l’arte la “rubavano” guardando, e poi sperimentando ciò che avevano visto fare, con i pochi consigli che gli amici artigiani gli regalavano.
Certo i fratelli Tadolini, liutai e mercanti in Modena, gli mostrarono un gran numero di strumenti ad arco, fra i quali probabilmente c’erano opere dei grandi maestri Cremonesi e non solo. Proprio la collaborazione con i Tadolini diede l’avvio alla sua arte.
In quegli anni potè osservare gli strumenti prodotti dai liutai che avevano operato a Bologna come Giovanni Tononi 1689-1720, Giovanni Fiorino Guidanti, Don Nicolò Amati, Giovanni Varotti, Pietro Vandaini e Giovanni Pilotti.
Osservando le linee degli strumenti di Raffaele ci viene da pensarlo come un illuminato innovatore stilistico che spazia tra la liuteria antica e quella che diverrà la liuteria della scuola bolognese.

Dal 1868 la bottega di Palazzo Pepoli diviene punto di riferimento non solo per gli allievi di Raffaele ma per tutti i liutai delle cittadine vicine che riceveranno dal maestro consigli e modelli costruttivi. L’utilizzo della forma esterna detta “francese” si diffonderà così a quel gruppo di maestri artigiani che creeranno presto il nuovo stile Bolognese.

Nella bottega si formeranno, oltre al figlio Giuseppe suo primo allievo, anche Oreste e Cesare Candi, Augusto Pollastri e Armando Monterumici.

Raffaele Fiorini si spegnerà il 18 ottobre 1898 lasciando un buon numero di violoncelli, violini ed alcuni contrabbassi: stupendi strumenti di quella liuteria dalle linee decise e forti, splendidamente ricoperti da quella vernice ad olio rosso-bruna che ne contraddistinguerà la paternità.

I Violini del 1900

Allievi dei grandi rinnovatori della fine dell’ottocento, si confermeranno come i capiscuola del novecento figure come Augusto Pollastri di Bologna, Ettore Soffritti di Ferrara nonché il figlio di Raffaele Fiorini, Giuseppe Fiorini, e il suo geniale allievo Ansaldo Poggi da Villa Fontana di Bologna, che possiamo sicuramente riconoscere come il più importante ed acclamato maestro liutaio di tutto il novecento.

Volendo fare un’affermazione di certo non azzardata potremmo affermare che il lavoro del Maestro Ansaldo Poggi sia la sintesi ed il distillato di quattrocento anni di liuteria, non è a caso che il prezzo di un suo violino sia passato nell’arco di trent’anni da 25 milioni di lire (l’equivalente di circa 13000 Euro) alle odierne 200.000 Euro che ci indicano l’incredibile aumento del 1200%, posizionando la rivalutazione di un violino di Ansaldo Poggiaddirittura ad un livello superiore di quanto non sia avvenuto per un violino di Antonio Stradivari.

Augusto Pollastri e Gaetano Pollastri

Augusto Pollastri maggiore di sette fratelli nasce a San Lazzaro di Bologna l’11 maggio del 1877 da famiglia poverissima. Già a nove anni viene mandato come garzone nella bottega del liutaio Raffaele Fiorini che dopo poco tempo lo prende a ben volere data la sua grande volontà di imparare.

Del giovanissimo Augusto si ricorda che non era raro si intrattenesse in bottega oltre l’orario di lavoro, per provare su legni di scarto, la scolpitura delle sue prime teste di violino.

A 17 anni perse il padre e, divenuto capo famiglia, dovette impegnarsi molto per poter ricevere dal maestro Fiorini il posto di capo laboratorio, qualifica ben meritata in quanto quel ragazzo schivo e taciturno diventerà negli anni successivi il vero continuatore della scuola Bolognese e, certamente, uno dei tre liutai più bravi dell’epoca.

Il carattere dei suoi strumenti è si quello del suo maestro, ma più preciso e rifinito, i bordi sono rilevati e tondeggianti, le bombature piene ed armoniche mentre le vernici morbide e trasparenti dai toni rosso marron, che nel tempo acquistano un fascino che pochi liutai riuscirono ad imitare.

Dopo la morte del maestro, lui solo ventenne aprirà la sua prima bottega e li che dopo un breve periodo di sperimentazione, troverà il suo personale modello al quale sarà fedele per tutta la vita.

I violini di Raffaele Fiorini sono “solo una sessantina” e saranno subito molto apprezzati oltre all’essere conosciuti nell’ambito musicale per la loro particolare acustica, e quindi molto rari e ricercati sul mercato.

Augusto Pollastri muore prematuramente il 9 novembre 1927 a Bologna lasciando al fratello la bottega.

Come di consuetudine all’epoca Gaetano che nasce a Bologna nel 1886 inizia a lavorare in tenera età con il fratello Augusto, prima come ragazzo di bottega, anche se la bottega altro non era che una stanzetta ricavata dall’appartamento di Augusto in via Castiglione.

Il giovane Gaetano apprende tutto dal fratello, comincia il vero lavoro sbozzando i legni e preparando le fasce, poi mano a mano la collaborazione con Augusto diviene totale ed inscindibile, in quanto il fratello si dedica anche alle delicate riparazioni ed alle copie d’antico, cosa che gli sottrae tempo alla costruzione dei nuovi strumenti.

Gaetano presto diviene il vero costruttore degli strumenti in bianco “cioè ancora
privi di verniciatura” che il fratello rifinirà e vernicerà dandogli quel suo tocco inconfondibile. Alla luce di questo binomio, che nel 1912 apparirà sulla fascia inferiore il famoso marchio a fuoco coi due galletti che si fronteggiano, sinonimo di quel lavoro d’equipe che continuerà fino alla morte prematura di Augusto.

Nello stesso anno Gaetano aprirà il proprio laboratorio in via G. Petroni 11 e qui riceverà “ironia della vita” una medaglia d’oro che un violino del fratello Augusto ha meritato ma che giungerà purtroppo solo alcuni mesi dopo la sua morte.

Dagli anni venti ai trenta la tecnica di Gaetano raggiunge la piena maturità: la croce al merito e il premio all’esposizione di Fiume ne sono l’inconfutabile prova.

La lavorazione degli strumenti è molto simile a quella del fratello, la vernice, però, è senz’altro più varia raggiungendo spesso tonalità più sul giallo arancio.
La vernice del fratello Augusto col suo tipico Rosso Bolognese dai riflessi talvolta violacei e
che tanto incorporava la polvere e la pece avaiandosidi bruno e di nero rimarrà però la sua peculiarità identificativa.

Le palette inferiori delle effe sono sempre profondamente sgusciate, sia in tutti gli strumenti di Augusto che in quelli di Gaetano, tanto da essere una delle caratteristiche del modellato delle tavole di entrambi i fratelli.

Il Maestro Gaetano Pollastri ottimorestauratore e fine intenditore si spegne a Bologna, il 5 ottobre del 1960 lasciando purtroppo pochi allievi diretti, quali Franco Albarelli e Otello Bignami, e molti strumenti nelle mani di grandi musicisti e collezionisti Italiani e Stranieri.

Ansaldo Poggi

Ansaldo Poggi nasce a Villa Fontana di Medicina, Bologna, da un padre manutentore delle ruote dei carri e liutaio dilettante.

A vent’anni Ansaldo è già professore di violino diplomato a pieni voti al Regio Conservatorio di Bologna.
Il ragazzo che ha spesso guardato il padre durante la costruzione dei violini, tanto se ne innamora che ne segue le orme. Sarà il padre che rendendosi conto di non aver più nulla da insegnare al figlio lo indirizzerà all’amico Giuseppe Fiorini che operava a Monaco di Baviera, con il quale il liutaio bolognese intrattiene da anni un florido commercio di antichi strumenti italiani che lui reperisce sul territorio e che segnala al liutaio Fiorini.

Sarà l’incontro tra il giovane Ansaldo ed il maestro Fiorini che accorgendosi delle capacità del giovane violinista, lo inviterà nella sua bottega di Monaco per dargli occasione di affinare la sua tecnica, a perfezionare la tecnica di quello che diventerà ben presto il “fenomeno” Ansaldo Poggi.

Potremmo proprio dire che sono state necessarie tre generazioni di liutai per arrivare alla perfezione costruttiva che solo il grande Antonio Stradivari aveva raggiunto quattrocento anni prima e che ora rivivono in forma modernizzata nel lavoro di questo grande maestro della Scuola Bolognese.